Miniera di Montevecchio
Nella Provincia del Medio Campidano, a 10 Km da Guspini in direzione nord-ovest, per circa 12 Km lungo la costa occidentale della Sardegna, si estende l’area mineraria di Montevecchio seguendo il filone minerario piombo-zincifero nel territorio a cavallo dei comuni di Guspini e Arbus. Inserito tra gli otto siti che fanno parte del Parco Geominerario della Sardegna, è oggi possibile visitare i numerosi siti che testimoniano l’attività estrattiva svolta dal 1848 fino al 1991.
Lungo la strada che da Guspini conduce al borgo di Gennas (meglio noto come Montevecchio), per poi digradare fino al mare attraversando il territorio di Arbus, è infatti possibile incontrare le strutture che hanno profondamente segnato la storia dei comuni limitrofi.
Procedendo da Guspini verso il borgo minerario ci si imbatte ben presto nei cantieri di Levante di cui si incontrano per primi, la Diga Fanghi e gli edifici di Sciria, dalla cui stazione partiva il trenino carico di minerale per San Gavino. Continuando a salire si intravedono le vasche rettangolari ancora piene d’acqua su cui si specchia la Laveria Principe Tommaso, imponente struttura costruita nel 1887 e operativa fino al 1991. Poco più in alto, l’evidente struttura in cemento armato del Pozzo Sartori, e, poco oltre la laveria, il Pozzo San Giovanni, nella cui sala argano e compressori sono conservati interessanti macchinari perfettamente integri. Il pozzo, recentemente restaurato, è profondo ben 200 metri ed è interamente costruito con pietre e mattoni faccia a vista, metteva in comunicazione sei gallerie e serviva il cantiere di Piccalinna. Percorrendo i tornanti che portano in cima è visibile il Pozzo Sant’Antonio e la sua caratteristica torre merlata, che, come nella migliore tradizione architettonica degli anni a cavallo tra 800 e 900, rispolvera un evidente stile neogotico.
Oggi Montevecchio offre ampi spazi che, recuperati dall’industria mineraria, acquistano nuova vita offrendosi al turista come realtà espositive stabili e temporanee: luoghi di incontro per fiere, sagre, mostre ed eventi culturali di vario genere.
Miniera di Ingurtosu
Ingurtosu “Su Gurtosu”, come veniva chiamata anticamente, appartiene territorialmente al Comune di Arbus (Cagliari) essendone frazione.
Possiamo dire che Ingurtosu e, anche se in misura certamente minore, Gennamari furono realtà minerarie importantissime per l’economia della zona dell’arburese-guspinese. Dopo le ricerche effettuate da società o singoli imprenditori che si sono succeduti in oltre un secolo dalla nascita del Regno sardo, il 16 febbraio 1855 con Regio Decreto due commercianti liguri, Marco e Luigi CALVO, ottennero la Concessione in perpetuo della miniera di Gennamari.
Nel 1857 i due commercianti vendettero la concessione alla “Società Civile delle miniere di Gennamari e Ingurtosu”. Negli ultimi trentanni del 1800 vi furono degli interventi innovativi che cambiarono radicalmente le Miniere di Ingurtosu e gennamari. Intanto nel 1871 si procede alla costruzione del tratto di ferrovia privata che collegherà gli impianti di trattamento del minerale alla stupenda spiaggia di Piscinas parte della quale viene concessa il 26 febbraio 1875 per la costruzione di un magazzino nel quale depositare il minerale da imbarcare nelle bilancelle di Carloforte per il trasporto all’Isola di San Pietro. I magazzini saranno, negli anni 50 del 1900, i trasformati in colonia marina per i figli dei minatori che potevano in questo fruire di un soggiorno nello splendido ambiente di Piscinas dove dominano le dune di sabbia finissima ed una spiaggia ancora oggi apprezzatissima.
Fu, comunque , alle fine del secolo che la maggioranza del pacchetto azionario passa nelle mani di quel Lord Brassey che con la “Pertusola Limited” intensificò lo sviluppo delle miniere con l’avvio di importanti opere: la Laveria di Naracauli, denominata “Laveria Brassey” (proprio in onore del presidente della Società) inaugurata nel 1900, pozzo Lambert per migliorare l’accessibilità al sottosuolo, l’introduzione delle perforatrici automatiche e delle teleferiche per il trasporto del minerale da Gennamari a Naracauli.
Vi è da aggiungere che altre strutture vennero costruite per l’attività mineraria. Nel 1880 venne autorizzata la costruzione di un impianto di trattamento, la Laveria di Bau, in una zona ricca di boschi e di ruscelli d’acqua freschissima. Il racconto di una “visita guidata” fatta a Bau farà conoscere alcune curiosità della vita “vissuta” nel villaggio costruito attorno agli impianti minerari.
La miniera si fermò nel ’43: molti minatori vennero licenziati. Nel ’46 la situazione migliorò ma iniziò la crisi che dovette portare alla chiusura di Ingurtosu: all’impoverimento del cantiere Brassey si aggiunse la discesa dei prezzi dei metalli. Gli scioperi degli anni cinquanta non furono solo contro l’odiato “Patto Aziendale” che vedremo anche a Montevecchio ma contro le precarie condizioni di lavoro e l’estrema pericolosità dei cantieri.
Nella metà degli anni sessanta Ingurtosu passò dalla Pertusola alla Monteponi-Montevecchio che nel 1973 rinunciò alle concessioni minerarie.
Miniera di Canale Serci
Vecchia Miniera di piombo, zinco, argento e stagno ubicata non lontano dal lago artificiale di Monti Mannu (19 milioni di metricubi).
Un permesso di ricerca per galena argentifera vigeva dal 1875, ma solo nel 1932 venne data la concessione alla Società Anonima Monti Mannu ed estesa per minerali di stagno.
Nel 1938 la miniera venne acquisita dalla Società Valerio di Roma del Gruppo AMMI e grazie a questa società l’attività estrattiva ebbe un notevole impulso; infatti in tale periodo vennero costruiti, la laveria ed alcuni edifici per gli operai. I lavori di coltivazione interessarono le gallerie San Giuseppe (490 m.slm), San Sisinnio (445 m.slm), Madama (400 m.slm) e Santa Barbara (335 m.slm).
Di contro nacquero anche i primi problemi con i contadini che utilizzavano le acque del rio Leni per irrigare i campi; difatti le acque di rifiuto della laveria venivano scaricate direttamente sul fiume e i contadini chiesero l’intervento del capo del governo, Mussolini.
Nel 1945 la miniera era ancora in attività e dava lavoro a 151 operai di Villacidro. Durante il periodo bellico l’attività mineraria fu interrotta e riprese nel 1946 limitandosi solo all’esplorazione dei filoni quarzosi. Si ricercarono soprattutto solfuri misti su 2 filoni quarzosi lunghi circa 2 km al contatto tra il granito e gli scisti.
La miniera di Canale Serci venne chiusa nel 1947 perché il suo sfruttamento era oramai diventato antieconomico.
Della miniera di Canale Serci rimangono ancora numerose testimonianze di edifici e strutture: la grande laveria, alcune strutture un tempo usate come alloggi per i minatori, l’edificio della direzione, attualmente ristrutturato ed adibito ad uffici dell’Ente Foreste della Sardegna e numerose gallerie e discariche.